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STORIA IN BREVE

DELLA PARROCCHIA DI ACITREZZA

(don Giovanni Mammino)

 

 

LE ORIGINI DELLA COMUNITÀ ATTORNO ALLA CHIESA DI SAN GIOVANNI

 

    Fin dalla metà del XVII secolo nello “Scaro della Trizza” esisteva una piccola chiesa dedicata a San Giovanni Battista, alle dipendenze della chiesa parrocchiale di Aci San Filippo. I sacerdoti di quella parrocchia si prendevano cura della piccola chiesa filiale celebrando la Messa domenicale ma non gli altri sacramenti, per i quali bisognava recarsi presso la chiesa madre. Con la venuta del Principe Riggio di Campofiorito, il quale nel 1672 acquistò il feudo di Aci Sant’Antonio e Filippo, la storia del borgo marittimo “della Trizza di Jaci” cambia radicalmente. Il principe potenzia sempre più lo “Scaro” trasformandolo in un piccolo porticciolo per il suo feudo e dare così alle imbarcazioni la possibilità di poter caricare e scaricare derrate alimentari per essere smerciate. Dall’entroterra acese, grazie anche ad alcune agevolazioni fiscali, giungevano ad Acitrezza derrate alimentari di ogni genere che venivano conservate nei magazzini presso la marina.

 

 

LA CHIESA DEL PRINCIPE

 

Intorno al 1680 Il principe costruì ad Acitrezza uno dei suoi più sontuosi palazzi all’interno del feudo per trascorrere il periodo estivo davanti all’incantevole scenario dell’isola Lachea e dei Faraglioni. Lo sviluppo del piccolo scalo commerciale e la presenza del palazzo favorirono l’aumento della popolazione del piccolo borgo. Per questo motivo a partire dal 1687 il principe Stefano Riggio Saladino si decise a costruire per la popolazione di Acitrezza una chiesa, accanto al suo palazzo, che volle dedicare a San Giuseppe. La chiesa, con atto di fondazione del 19 dicembre 1690, fu dotata di un “beneficio”, cioè di una buona rendita per la sua manutenzione e per il sostentamento del sacerdote da chiamarsi d’ora in avanti arciprete. Il vescovo di Catania, Andrea Riggio, riconosceva la chiesa come sacramentale, staccandola così da Aci San Filippo. Essendo chiesa patronale il principe avocava a sé il diritto di presentare al vescovo il nominativo dell’arciprete per ottenerne la nomina. I primi due arcipreti provenivano da Aci San Filippo: don Paolo Calanna (1690-1691) e don Giovanni Benanti (1691-1746). Mentre la nuova comunità cristiana di Acitrezza comincia ad avviarsi, giunge inesorabile il tremendo terremoto dell’11 gennaio 1693. I morti furono 17, le case, il palazzo del principe e la chiesa parrocchiale di S. Giuseppe si presentavano completamente diroccati.

 

 

LA CHIESA DI SAN DI SAN GIOVANNI DIVENTA CHIESA PARROCCHIALE

 

Intanto i fedeli, nell’attesa della ricostruzione della chiesa matrice di San Giuseppe, si radunavano nella piccola chiesa di San Giovanni, che fu subito ristrutturata e aperta ufficialmente al culto il 14 ottobre 1696. Si era persa ormai la speranza di ricostruire la chiesa del principe e il titolo parrocchiale passava alla chiesa di San Giovanni. L’antico patrono San Giuseppe viene lentamente dimenticato. Durante gli anni di parrocato di don Silvestro De Amico (1746-1768) giunge ad Acitrezza la statua del santo patrono, la popolazione si accresce e viene presa la decisione di ingrandire la piccola chiesa. Particolarmente florido fu il periodo di don Francesco Spina, primo arciprete nativo di Acitrezza, che esercitò il suo ministero dal 1768 al 1808. Egli portò a compimento i lavori di ingrandimento della chiesa, gli stucchi e le decorazioni, dotando la chiesa di argenteria e di pregevoli paramenti. L’11 luglio del 1797 il Capitolo della chiesa collegiata di Aci San Filippo e l’arciprete Spina stipulavano l’ Actus aggregationis mediante il quale il beneficio dell’arcipretura di Acitrezza veniva incorporato a quello di quel Capitolo istituendo così la quarta dignità, quella del canonico decano, che doveva sempre ricadere nella persona dell’arciprete di Acitrezza. Avremo ancora altri canonici arcipreti nativi di Trezza e della stessa famiglia Spina. Alla morte di don Francesco Spina, nel 1808, subentra il fratello don Salvatore, laureato in filosofia e medicina, che diventa un punto di riferimento per la vita del paese, soprattutto nel momento cruciale del passaggio di Trezza, nel 1828 dal comune di Aci San Filippo Catena a quello di Acicastello. Nel 1837 il colera miete vittime anche ad Acitrezza e muore l’arciprete don Salvatore. Gli succede il nipote don Giuseppe Spina che porta avanti la parrocchia negli anni in cui si manifestano le avvisaglie della crisi economica.

 

 

TEMPI DURI AD ACITREZZA

 

La famiglia Riggio ha da tempo abbandonato il palazzo che viene poi venduto. Nel 1846 gli eredi rinunciano al diritto di patronato sulla chiesa di Acitrezza. Lo scalo marittimo è in crisi perché non transitano più le derrate per essere smerciate. Le famiglie benestanti lasciano Acitrezza e i marinai e gli scaricatori si trasformano in pescatori e agricoltori. La crisi economica che avanza genera nuove povertà e per l’opera caritativa l’arciprete Giuseppe Spina si manifesta particolarmente sollecito. Alla morte dell’arciprete, nel 1860, non vi furono più successori fra il clero locale  estinguendosi così la prima serie dei canonici arcipreti. Assistiamo ad un susseguirsi di cappellani di breve durata che esercitano il loro ministero in condizioni difficili. Molti di essi sono religiosi, cappuccini, frati minori o agostiniani. È questo il periodo difficile per Acitrezza, descritto verisimilmente da Giovanni Verga nel suo romanzo “I Malavoglia”. Segnali di ripresa si hanno con i cappellani provenienti dal clero diocesano, come il giovane sacerdote Cristoforo Cosentino da Aci Sant’Antonio che dal 1874 al 1879 si diede da fare per costruire la casa canonica e restaurare la chiesa. Ottenendo in concessione il terreno dell’attuale Oratorio pensava di costruirvi la casa, ma invano; scelse come abitazione una casa in via Provinciale che non riuscì ad acquistare per la parrocchia.

 

 

L’ARCIPRETE DE MARIA E IL RIPRISTINO DEI DIRITTI PARROCCHIALI

 

Dopo alterne vicende la parrocchia acquista stabilità e si avvia la ripresa grazie alla presenza del giovane sacerdote don Salvatore De Maria. Nativo di Acireale, egli giunge ad Acitrezza nel 1884, ad un anno dalla sua ordinazione sacerdotale. Animato di buona volontà e combattivo riesce ad affrontare le difficoltà sociali ed economiche del piccolo borgo. Amministrando in modo oculato i beni della chiesa riuscì a portare avanti grandi lavori come la costruzione della casa canonica e del nuovo campanile. Il suo sogno era quello di realizzare un oratorio festivo e per questo motivo cominciò ad intentare una causa civile contro gli usurpatori del terreno destinato all’oratorio. Nel 1917 iniziò a costruire le fondamenta di quello che sarà il salone e negli anni successivi una casa. Conoscitore della sua gente e pastore energico ma dal cuore generoso con i più bisognosi egli coltivava i suoi interessi legati alla storia locale ed in particolare all’archeologia. Nella casa canonica istituì con i suoi reperti un museo e una biblioteca per la promozione della cultura fra i fedeli. Fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento assistiamo alla prima grande ondata migratoria che porterà molti trezzoti negli Stati Uniti (in Florida e poi nel Texas, a Galveston) e in Argentina, a Mar del Plata. La grande conquista del parroco De Maria fu quella di ottenere il ripristino dei diritti parrocchiali, riprendendo così la serie degli arcipreti che si era interrotta nel 1860. Nel 1898 le autorità civili riconoscono la personalità giuridica della parrocchia di Acitrezza e nel 1903 anche il vescovo Genuardi, riconoscendo la parrocchia, nomina De Maria arciprete di Acitrezza. Nel 1918 il De Maria ottiene anche il ripristino dell’antico diritto di essere canonico decano del Capitolo collegiale di Aci San Filippo. L’arciprete non si stanca di promuovere l’associazionismo cattolico, ed in particolare l’Unione Popolare dei Cattolici, antesignana dell’Azione Cattolica, e la catechesi ai fanciulli e agli adulti. Negli anni della grande guerra (1915-1918) la parrocchia fu particolarmente attiva per l’assistenza delle famiglie in difficoltà in seguito alla perdita in guerra delle persone care. Per l’accresciuta popolazione l’arciprete pensava di realizzare al quartiere Barriera una nuova chiesa da dedicare a Santa Maria La Nova. Nel 1928, in seguito ad un periodo turbinoso, l’arciprete De Maria viene invitato a presentare le dimissioni mentre il vice parroco veniva destinato ad altro incarico. L’anno seguente il vescovo mons. Evasio Colli nomina arciprete don Antonino Grasso di Acireale. Il nuovo parroco dopo aver pacificato gli animi dedicò le sue energie per potenziare l’Azione Cattolica con le sue attività e gli incontri di formazione. Don Antonino non riuscì, per la scarsezza dei mezzi finanziari, a proseguire i lavori dell’oratorio e nemmeno raggiunse l’obiettivo di acquistare alcune case attigue alla chiesa da adibire a casa canonica e locali parrocchiali. Si dedicò alla chiesa, portando avanti poderosi lavori di sistemazione del tetto. Anche l’arciprete Grasso nel 1941 lasciò improvvisamente Acitrezza per recarsi a Roma visse una breve esperienza monastica per poi tornare nella sua Acireale.

 

 

DON ALFIO COCO: CINQUANT'ANNI AD ACITREZZA

 

La comunità di Acitrezza in pieno periodo di guerra si ritrovava senza parroco. Fu inviato nel piccolo borgo marinaro il giovane sacerdote don Alfio Coco per gestire la parrocchia in attesa di indire il concorso per il nuovo parroco. La scelta comunque cadde sul giovane don Alfio che fu nominato arciprete dal vescovo mons. Salvatore Russo e prese possesso della parrocchia il primo marzo 1942. Il nuovo arciprete arrivava negli anni difficili della guerra mentre Acitrezza viveva condizioni economiche di miseria. Egli si prodigò instancabilmente per stare accanto alla sua gente. Superate le difficoltà, gli anni del dopoguerra furono particolarmente ricchi di attività legate al fervore degli associati all’Azione Cattolica. Grazie a quelle forti esperienze formative e di catechesi la comunità di Acitrezza generava laici impegnati, due vocazioni al sacerdozio: don Giovanni Colombo e don Giovanni Bonaccorso, e la vocazione religiosa delle due sorelle Giovannina ed Emilia Russo. Dopo trent’anni, attraverso sovvenzioni statali e con grandi sacrifici del parroco e della comunità, riprendono i lavori di costruzione dell’Oratorio. Ad essere ultimato sarà il salone, inaugurato nel mese di agosto del 1957. Dieci anni dopo veniva realizzato il piano superiore ma i lavori erano destinati a rimanere incompleti per diversi anni, provocando così il deterioramento della struttura. Don Alfio pensò ad organizzare delle missioni popolari e a conclusione dell’anno mariano del 1954 per volere della cittadinanza fu collocata la statua della Madonna Ausiliatrice al Faraglione grande. Gli anni sessanta sono quelli del boom economico ed edilizio. Don Alfio, pensando al futuro di Acitrezza, acquistò un terreno adiacente alla scuola elementare per costruire la nuova chiesa. Successivamente in via Scalazza acquisì un altro terreno per la costruzione della chiesa da dedicare alla Madonna della Nova per gli abitanti del quartiere Barriera - Scalazza.

 

 

CAMMINO RECENTE

 

La comunità, sotto la guida dell’arciprete Coco, avanza nel suo cammino fino al 1992, quando don Alfio per raggiunti limiti di età e per motivi di salute lascia la parrocchia. L’ultimo gesto d’amore per la sua comunità è il dono del Centro Redemptoris Mater a Zafferana: quattro ettari di bosco e una casetta per campeggi, ritiri e incontri di formazione. Il vescovo mons. Giuseppe Malandrino nomina suo successore il nipote don Salvatore Coco, il quale, dopo 14 anni di ministero pastorale a Cosentini, approda ad Acitrezza, carico di tante energie. Egli anzitutto ricompatta la parrocchia rivitalizzando gli organismi di partecipazione e le associazioni, avvia poderosi lavori di ristrutturazione della casa canonica, procede con interventi di consolidamento della chiesa, realizza il campo sportivo nel terreno destinato alla nuova chiesa e comincia a riaprire l’oratorio cercando di ripristinare alcuni ambienti. Anche il Centro Redemptoris Mater di Zafferana si avvia ad essere fruibile, grazie ai lavori di sistemazione del viale, della recinzione e della casa. Nel mese di agosto del 2001 don Salvatore lascia la parrocchia per motivi di salute ed è chiamato a gestire temporaneamente la parrocchia don Giovanni Mammino, vice rettore del Seminario. Il 16 dicembre 2001 don Giovanni Mammino viene nominato arciprete parroco di Acitrezza. L’anno successivo l’Oratorio viene dichiarato inagibile ed è grande il disagio per le attività parrocchiali che vengono portate avanti con grande sacrificio. Il parroco avvia dei lavori di ristrutturazione e nel 2005 ottiene un finanziamento dalla Regione Siciliana per i lavori di consolidamento dell’Oratorio. Dopo circa due anni di lavoro l’Oratorio viene riaperto, tranne le stanze del piano superiore. Anche il Centro Redemptoris Mater viene potenziato con lavori nella casa e nel bosco. Nel 2009 viene sistemato il tetto della chiesa e della canonica con il consolidamento dell’abside.

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