Relazione al convegno “Da Verga a Visconti” (26-08-2007) Stampa

LA CHIESA DI ACITREZZA

VISTA DA VERGA E VISCONTI, E VICEVERSA

Relazione al convegno “Da Verga a Visconti”

Acitrezza, 26 agosto 2007

 

 

         Rileggendo il testo del romanzo “I Malavoglia” e rivedendo il film “La terra trema” a partire da un punto di vista ecclesiale possiamo notare diversi elementi che ci aiutano a riflettere e a capire tante cose riguardo alle problematiche del tempo in cui le due opere furono realizzate. Due tipologie diverse di opere di pensiero, un romanzo e un film, per certi aspetti diverse e per altri legate da un unico filo conduttore.

         Parlare di chiesa e religiosità ne “I Malavoglia” vuol dire avventurarsi nel mare magnum, di una problematica già affrontata da diversi studiosi. Vorrei perciò soffermarmi su alcuni elementi essenziali che ci aiutano a scorgere il pensiero dello scrittore catanese. Il contesto nel quale si ambienta il romanzo è quello dell’Italia appena unita, con tutte le difficoltà di un paese nel quale il processo unitario deve ancora concretizzarsi. L’anno in cui il Verga scrive, il 1881, è quello in cui è ancora accesa la questione romana, ossia il contrasto tra lo stato italiano liberal massone e il papato riguardo alla città di Roma e al modo in cui si è proceduto a unificare l’Italia in netto contrasto col mondo cattolico. Fu questa una ferita tutta italiana lunga a risanarsi, portatrice di continui contrasti tra Stato e Chiesa. Dal canto suo la Chiesa preferiva stare sulle difensive, lottando contro il pensiero moderno, liberale e anti cattolico che si diffondeva in quegli anni. L’altra insidia per la Chiesa italiana era rappresentata dal socialismo che già cominciava a serpeggiare tra il popolo, alla quale i cattolici, nella seconda metà dell’Ottocento, reagirono con l’impegno sociale secondo gli orientamenti della dottrina ribadita dall’enciclica Rerum novarum di papa Leone XIII. Ebbene, il romanzo risente di queste problematiche che si agitano soprattutto nelle accese dispute tra il vicario don Giammaria e don Franco lo speziale. Tra i due il linguaggio si coloriva fino a diventare alquanto pesante. Secondo la visione del Verga, in questo piccolo mondo che è Trezza, la chiesa parrocchiale è il luogo dove confluiscono i pettegolezzi, come le indiscrezioni sui Malavoglia mentre si recitava il rosario, le preghiere ipocrite dello zio Crocifisso “che intuonava le strofette con una voce di naso che avrebbe toccato il cuore a satanasso in persona”. Presso gli scalini della chiesa o appoggiati al muro del campanile stanno i fannulloni. È la chiesa che scandisce il tempo, “l’ave Maria”, “l’ora di notte” e tutti sono invitati ad aprire il cuore a Dio. Con profondo rispetto il Verga presenta le preghiere semplici e sincere di Maruzza la Longa, il rosario recitato a casa, preghiere autentiche, cariche di sofferenza, tali da identificarla la Longa con Maria l’Addolorata. Infatti, dopo la morte del figlio Luca, Maruzza “fu presa da una gran devozione per l’Addolorata che c’è sull’altare della chiesetta, e le pareva che, quel corpo lungo e disteso sulle ginocchia della madre, colle costole nere e i ginocchi rossi di sangue, fosse il ritratto del suo Luca”. Il marmo è liscio sotto l’altare dell’Addolorata, nel silenzio tanti affidano alla Vergine Maria i loro dolori e le speranze. La chiesa è anche il luogo che accoglie i sui figli con la sepoltura. La Longa lo ricorda a ‘Ntoni che vuole lasciare Acitrezza: “allora non ti basterà il cuore di lasciare il paese dove sei nato e cresciuto, e dove i tuoi morti saranno sotterrati sotto quel marmo davanti all’altare dell’Addolorata che si è fatto liscio, tanti ci si sono inginocchiati sopra, la domenica”. Sia pur in un visione pessimistica della vita dei vinti, la chiesa parrocchiale, secondo il Verga è il luogo dove confluiscono i sentimenti contrastanti di tutti gli abitanti del villaggio, siano essi vincitori o vinti.

 

         Dopo 66 anni Luchino Visconti sceglie ancora Acitrezza per ambientare il suo film, sempre sulla falsariga de “I Malavoglia”. Il contesto è diverso; siamo negli anni del dopoguerra e l’Italia inizia una nuova fase della sua vita scegliendo la forma repubblicana. Siamo anche alle porte delle prime elezioni democratiche del 1948 che culminarono nello scontro diretto tra cattolici e comunisti. In quegli anni per i cattolici italiani il comunismo rappresentava il pericolo numero uno. Anche ad Acitrezza il dibattito fu acceso ma pochi si posero il problema che tra i finanziatori del lavoro cinematografico del Visconti c’erano proprio i comunisti. Comunque nel film il ruolo della chiesa sembra quello di indicare il tempo e di accompagnare le vicende liete e tristi del popolo di Trezza. La campana grande che diffonde il suo suono nella scena iniziale scandisce il tempo che regola il lavoro duro dei pescatori. La nostra chiesa da lontano assiste impietrita alla grande azzuffata tra ‘Ntoni col suo gruppo e i rigattieri e vede volare e finire in mare le bilance che le appartenevano. Il Visconti non manca di far notare la religiosità che pervade il popolo di Trezza quando presenta le preghiere semplici recitate in famiglia e i segni religiosi esposti nelle case, come il quadro di S. Giovanni fanciullo.

 

         A questo punto ci chiediamo: che cosa pensavano i sacerdoti del tempo riguardo al romanzo e al film? Per il romanzo sappiamo che l’arciprete De Maria non fu tenero col Verga. Da notare è che l’arciprete iniziò il suo ministero ad Acitrezza nel 1884, cioè dopo tre anni dalla pubblicazione de “I Malavoglia”, e quindi nel periodo della piena diffusione. Sostanzialmente De Maria rimprovera al Verga di stravolgere la realtà e di mettere in cattiva luce gli abitanti di Acitrezza, “gente laboriosa e onesta”, di offendere la sensibilità religiosa, e che inoltre il romanzo “è pieno zeppo di provincialismi ed espressioni volgari”. Rincarando la dose afferma: “il Verga è un rinnegato, il suo libro è da mettersi all’Indice delle letture vietate, se già non c’è: il Verga, se fosse vissuto oggi sarebbe stato uno dei più arrabbiati comunisti, nemico della Chiesa e della religione”. In forza di tali ragionamenti il De Maria si chiede: come è stato possibile dedicare la piazza maggiore di Acitrezza al romanziere Giovanni Verga? Parafrasando il romanzo riguardo agli accaniti dibattiti -  ironia della sorte -  il Verga sta a don Franco lo speziale come il vicario don Giammaria sta all’arciprete De Maria. I toni della critica sembrano infatti quelli dell’Italia risorgimentale.

Non così drastico è il giudizio su Visconti, sembra strano ma è così. Ritornato ad Acitrezza dopo lunghi anni di assenza, De Maria assiste alle riprese del film, ed è cosciente che questo film darà fama mondiale al villaggio dei Malavoglia. Egli scrive: “non credo però che alcunché delle ostilità religiose del Verga sia penetrato nella pellicola, della quale abbiamo già parlato”. L’atteggiamento benevolo dell’arciprete verso l’operato del Visconti lo portò al punto da fare anche lui una comparsa all’interno del film. Suscita tanta impressione vedere il nostro arciprete, vicino ormai alla morte, immortalato dalla cinepresa. Se dunque il De Maria sembrava aperto e accondiscendente, non così il giovane arciprete don Alfio Coco. Egli, ben informato su tutta l’operazione cinematografica, affrontava con prudenza la situazione scegliendo la via media del non opporsi in modo netto ai “compagni comunisti” e allo stesso tempo di collaborare, tenendo sotto controllo la situazione. Comunque i rapporti furono buoni tra don Alfio e Luchino Visconti con i suoi collaboratori Francesco Rosi e Franco Zeffirelli. A conclusione dei lavori per il film, il 16 maggio 1948, tenendosi un grande pranzo l’arciprete Coco tenne un discorso edificante e concluse consegnando una immaginetta ricordo del Sacro Cuore di Gesù:

 

Agli artisti, ai tecnici, alle maestranze

del film “la terra trema”

ricordando il soggiorno

nell’incantevole lido siciliano

augurando

ogni bene spirituale oltre che terreno

questa simbolica immagine

di perfetta carità

offre

 

Il Parroco

Arc. Alfio Coco

 

Aci Trezza, 16 Maggio 1948

 

A 60 anni di distanza dal film “La terra trema” e a 126 anni dal romanzo “I Malavoglia” è venuto adesso il tempo di studiare e di riflettere in modo spassionato su questi grandi eventi culturali che hanno segnato la nostra storia. Cogliamo ciò che di positivo ci è stato lasciato e proiettiamo in avanti la nostra cittadina affinché uscendo fuori dalla logica dei vinti possa preparare fin da ora il suo futuro.

 

 

Don Giovanni Mammino

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